lunedì 12 novembre 2018

Alluvioni del Nervia

Il torrente Nervia costituisce uno dei due grossi corsi d'acqua del territorio di Ventimiglia (IM), quello che per la precisione da nome alla valle sino a Pigna ed oltre.

Nel tratto terminale del Nervia fra XVI e XIX secolo, sovrapponendo le proiezioni topografiche si evincono situazioni di base: che poco più di 150 anni fa la portata del torrente era vigorosa, che il suo alveo non era costante, che, tutte le volte in cui fosse stato possibile, come peraltro accadeva nel Medioevo, si era sempre realizzato un ponte ligneo (gestito da una confraternita ma dalla logistica ardua da identificare), espressione indiretta che il guado fra le "isole", cioé i depositi alluvionali emergenti dalle acque, non era cosa affatto semplice.
Il Nervia, nella media e bassa valle, da sempre ha le peculiarità di un letto estremamente vasto e sgusciante: nel corso della sua vicenda millenaria il torrente, abbandonando a più riprese l'alveo precedente, si era aperto altri percorsi sul mare disegnando altri alvei, magari destinati ad essere, in seguito, a loro volta abbandonati.
Una terribile piena alluvionale del Nervia va sotto il nome di Fiumara degli Angeli Custodi (2 settembre 1777): un diluvio inondò le terre causando alluvioni, frane e vittime. 

Il Nervia come altri torrenti fu ingrossato dalle piogge: trascinando detriti e ghiaia dagli argini spazzò via molte proprietà e, tra numerosi gravi danni, nel territorio di Camporosso abbatté una domus signorile appoggiata ad una vecchia torre in località le Braje e l'antica chiesuola di S. Pietro d'Alcantara. 

Da Camporosso s'avventò poi verso il mare trascinando i ruderi delle canalizzazioni dei mulini: purtroppo non son riportate notizie per l'ultimo tratto del fiume ma pare evidente che, assieme al ponte militare, abbia travolto i fortilizi ricavati nel suo letto. 

La descrizione del Rossi, desunta dai libri parrocchiali, accenna più volte all'enorme massa di detriti portata al mare: non è irragionevole pensare che la massa d'acqua, fermata dai buoni argini della sponda Ovest, si sia aperta una via sin alla foce, che era sì ampia ma presso cui il letto si solleva tuttoggi pei detriti depositati dalle acque marine che vi penetrano. L' accumulo del materiale trasportato venne a formare una diga naturale, facilmente "saltata" dalla gran piena ma destinata a diventare invalicabile appena fosse scemata la portata idrica: le acque furono quindi deviate così da scavare gli argini sabbiosi della riva Est ed aprire al Nervia uno pseudoalveo sin quasi al Torrione vallecrosino, mentre il Bastione di S, Pietro, dividendo a monte le acque, aveva spinto un ramo del torrente, oltre la sponda Est, sui bassi terreni della Braia orientale ove stavan poderi e case, oltre alla strada per Camporosso che risultava interrotta ancora ai tempi della Relazione Notari (l'ipotesi è convalidata da un confronto con le grosse alluvioni del 1910-1 e del 1966. entrambe documentate fotograficamente).
Dopo che si procedette ad una migliore arginatura della sponda occidentale del torrente e in dipendenza di alcuni processi geo-morfologici, il Nervia abbandonò questo alveo e se ne aprì nel XVIII secolo uno alternativo, che deviava in modo brusco, per il tramite di un braccio ad ansa, verso l'area delle BRAIE (BRAIA) (probabilmente la più importante ma non certo l'unica conformazione rurale col toponimo BRAIA nel Ponente ligure) per poi avvolgere, con due punti di impatto, la vecchia strada che attraverso tale località portava dall'area costiera a Camporosso Mare (oggi identificabile con la via comunale che congiunge questa grossa frazione, per il tramite del ponte dell'Amicizia e poi della provinciale, al borgo antico).
Nei periodi di piena e di alluvione, le proprietà agricole della contrada subirono gravi danni sino al punto che parve inderogabile un grosso intervento di arginatura onde ricomporre il torrente entro un alveo più rettilineo e meno suscettibile di deflagrazioni alluvionali sulle proprietà.
Il programma correttivo venne ideato nei primi decenni del 1800 dopo che una serie di disastri climatici e di anormali perturbazioni atmosferiche aveva contribuito a trasformare il Nervia in un "proiettile idrico" capace di produrre ovunque reiterati disastri.
Questa politica venne promossa da tutte le comunità interessate al Nervia, che difronte a tale emergenza misero, provvisoriamente, da parte i reciproci campanilismi.
 
I lavori di progettazione furono affidati a due professionisti ventimigliesi, gli architetti STEFANO e PIETRO NOTARI, che il 19-V-1820 presentarono alle autorità municipali di Vallecrosia una dettagliata proposta tecnica (Carta e relaz. Notari in Arch. Comunale di Camporosso).
Dalla RELAZIONE SCRITTOGRAFICA degli architetti Notari (tuttora estremamente utile per visionare le caratteristiche del torrente nel XVIII secolo) furono chiariti sia i fattori incidenti che le eventuali soluzioni.
 

Essi evidenziarono in primo luogo come l'antico Bastione di S. Pietro (nella carta segnato dalla lettera D) (un'opera muraria che non qualificarono, sita nell'alveo quasi all'altezza dell'attuale campo sportivo "R.Zaccari": un probabile retaggio delle fortificazioni austro-sarde di metà '700) fosse da demolire immediatamente poiché tagliava il corso d'acqua in due settori: "un braccio maestro che scorre con forte declivo e pendio" e un "braccio minore" [tutte queste strutture militari dovevano però aver subito terribili danni in concomitanza con altri edifici pubblici e privati nel 1777 a causa della gravissima "Alluvione degli Angeli Custodi" che alterò anche il corso fluviale verosimilmente spazzando via anche il ponte che si vede qui enfatizzato da una carta militare più ampia del periodo di metà '700 della Guerra di Successione al Trono Imperiale d'Austria e verosimilmente facente parte delle fortificazioni austro-sabaude]
Quest'ultimo si ricongiungeva col "maestro" dopo circa 260 metri di percorso autonomo, con un punto massimo di divergenza rispetto a quello di 70 metri in direzione Est.

Dopo che, per 50 metri scorreva nuovamente per il tramite di un unico braccio, il Nervia si imbatteva in una vasta conformazione di "Grava e Terra supperiore in livello ai terreni opposti" , uno di quei depositi alluvionali che, sotto il nome di Isole, nel medioevo erano state sedi di impianti rurali o di ricetto; dal punto di impatto si originava quindi, con direzione Sud-Est, un ulteriore braccio minore che si ricongiungeva solo dopo 750 metri col tronco "maestro".
Questo, a sua volta, frenato da una nuova conformazione di "Grava e Terra supperiore in livello ai terreni opposti una volta letto antico del fiume" aveva piegato lentamente in direzione Sud-Est.
Il punto di impatto dei due "bracci" era un'area che per 40 m. superava la "Strada da Camporosso in Bordighera" che quindi risultava coperta dal corso d'acqua.
Nel frattempo il "braccio minore", filiforme (massima larghezza = 10 metri), da cui a sua volta si ramificava un braccio minimo della larghezza di 4 metri, si ricongiungeva e si diversificava a più riprese in rapporto a questo ultimo creando sacche paludose o di ristagno e soprattutto, sfondata la strada citata, ne trasformava in acquitrino un tratto di 110 metri, sì da allagare le proprietà "Fratelli Biancheri fu Michele","Eredi del Sig. Augusto Bernardino Aprosio","Cauvin".
Ritornato unico, il Nervia, giunto ad una divergenza massima di 220 metri dalla linea (ben evidenziata dagli autori) del "letto antico", investiva le proprietà "Eredi Carlo Lanfredi","Gio.Battista Squarciafichi","Signor Sebastiano Biamonti Giudice di Bordighera","Pietro Paolo Rebaudo","Eredi del Sig, G.C.Rossi", sino al punto di minacciare con una grande ansa la strada già in questione e la "strada antica" (strada romana proveniente da S. Rocco) da cui tutte le proprietà sono genericamente nominate nel progetto "Terreni di prima qualità appartenenti a differenti particolari di Vallecrosia minacciati dal fiume".
Di questi ultimi vengono citati, poichè i loro terreni non sono solo minacciati ma ormai in parte letto del torrente impazzito, gli "Eredi del S. Angelo Benedetto Aprosio, Giuseppe Porro, Fenoglio Angelo".   Vengono altresì registrati, a circa 110 metri (direzione Sud-Est) dalla "Strada aperta dal Governo Francese" (verosimilmente costruita secondo le contingenze del Nervia), una "Batteria costrutta dagli Austriaci nel 1800 (di disegno quadrangolare, lato di 40 metri) ormai intaccata nell'angolo Sud-Ovest" e poi il "prato dei Sig.ri fratelli Aprosio fu Bartolomeo", sempre possidenti di Vallecrosia.
Prima di entrare nel "Mare Mediterraneo", il Nervia formava una falsa foce ad estuario della larghezza massima di 160 metri, da cui si staccava un braccio (larghezza massima 40 metri-minima 10) lungo 240 metri in linea d'aria (dir. Sud-Est) dal falso estuario.
Dall'oculatissima diagnosi si evidenziarono i gravissimi danni patiti dal territorio di Vallecrosia in parte stabilmente occupato dal fiume anche in periodo di normale regime.
La mancanza di qualsiasi difesa rendeva fattibile l'alluvione quasi sino all'area di S. Rocco, con l'investimento delle case "Amalberti, Biamonti, Aprosio, Curti" (oltre, è naturale, della "strada antica e di quella Aperta dal Governo Francese").
Ma anche prima del Bastione di S. Pietro il Nervia, pur scorrendo ad Est del "letto del fiume antico" originava diversi "bracci minimi" che potevano investire, ingrossati da eventuali piene, la "casa di Bartolomeo Rondelli", la "casa dello scarello", la "Casa di Luca Andrea Garzo" e soprattutto il "predio di Paulo Biancheri".
Procedendo sempre in direzione Sud-Est paiono relativamente esposte le proprietà in gran parte ad Est della strada "Camporosso-Bordighera" del "Conte Lingueglia" (con 3 case di cui 2 "distrutte"), di "L.Andrea Garzo", di tal "Ferreri", di una "Vedova Biamonti", di "Saverio Gibelli fu Sebastiano": molto esposti dovevano essere invece "l'orbasco I e II".
 

Durante l'alluvione del 1910-'11 le acque sfondarono ancora gli argini orientali per inondare tutta l' area costiera da Camporosso Mare alla Stazione ferroviaria di Vallecrosia sita davanti all'area dove nel '700 stavano alcune strutture, che appena si vedono di scorcio nella cartografia militare coeva, dipendenti dalla ridotta Guibert e adibite ad esercitazioni delle forze austro-sarde impegnate nella Guerra di successione al trono imperiale...

Nel secondo caso, in modo quasi identico a quanto accadde nel 1777, l'acqua del Nervia in piena travolse diverse strutture costruite sugli argini di tutto il suo corso vallivo, quindi, respinta dai grossi terrapieni alla foce, che proteggono il locale Deposito Ferroviario costrutto su un terrapieno, essa balzò entro il mare scaricando sulla linea ghiaiosa della foce detriti di ogni natura. Allorché dopo una settimana il fenomeno alluvionale regredì, si vide che una diga naturale bloccava la foce e che il torrente si era già aperto un subalveo verso l'area Camping della riva Est, coprendovi tutta la proprietà Rossi: gli immediati lavori di ripristino impedirono che si verificasse quanto, quasi sicuramente, era accaduto nel 1777. Il fiume peraltro, come evidenziato dalla Relazione Notari, all' altezza degli accumuli individuabili all'altezza del Bastione di S.Pietro si era ancora diviso ed un ramo impetuoso aveva allagata la zona delle BRAIE e la strada per Camporosso; in questa gli interventi furono tempestivi eppure per tre giorni la popolazione venne allertata nel caso di una evacuazione.

  

In effetti quando il Nervia supera una certa portata, come riferiscono tuttora operai e muratori, l'acqua filtra sotterranee dagli argini della riva orientale fin entro alcuni scantinati di palazzi antistanti la stazione Ferroviaria di Vallecrosia, dove a metà '700 i soldati austro-sardi impegnati a fortificare la casa di un tal Moro destinata a diventare il forte Guibert dovettero bonificare per igiene pubblica e per il transito diversi laghi salmastri di ristagno

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