Alle falde di Montenero |
Della COMUNITA’ (fondata
nel 1686) DEGLI OTTO LUOGHI (le “Ville” di Camporosso, Vallecrosia, San
Biagio della Cima, Soldano, Vallebona, Bordighera, Borghetto San Nicolò
e Sasso - le ultime due località, oggi frazioni di Bordighera - nel
ponente dell'attuale provincia di Imperia), si ricordano - e sono in
primis importanti da esaminare per lo straordinario bagaglio di
informazioni che portano sulla REGOLAMENTAZIONE DELLA VITA
SOCIO-ECONOMICA DI UNA SOCIETA’ AGRICOLA FRA XVII E XIX SECOLO - i
CAPITOLI PER LA SALVAGUARDIA DEL MONTENERO [che era una COMUNAGLIA cioè
un BOSCO COMUNE e quindi fiscale: le comunità se ne servivano come di un
bene pubblico, ne vendevano il legname, ne gestivano la fruizione
sempre a favore della comunità] ed ancora il REGOLAMENTO CAMPESTRE DEGLI
OTTO LUOGHI.
Nella società rivierasca ponentina tra XV
e XVIII sec., una società strettamente legata per vari scopi alla
fruizione del legname e comunque alla salvaguardia delle coltivazioni,
una cura particolare era data alla prevenzione degli INCENDI e alla
lotta contro gli stessi, utilizzando ogni sistema, anche al trasporto
dell’acqua su primordiali carri cisterna, efficaci pur se non
all’avanguardia come la MACCHINA DI TRADIZIONE CENTROEUROPEA che fu
elaborata in questo stesso periodo.
Le pene contro i PIROMANI erano peraltro
molto severe come dettano le informazioni date in materia al BRACCIO
SECOLARE e soprattutto il contenuto dell’ARTICOLO DEGLI STATUTI CRIMINALI DI GENOVA DEL 1556.
A seconda del dolo e delle conseguenze
penali si poteva passare da una pur severa ammenda alla PENA DEL CARCERE
alla ben più temuta condanna all’ESILIO -per cui si era proscritti
dalla Stato e tornando nascostamente in patria si poteva essere
lecitamente uccisi dai CACCIATORI DI TAGLIE - alla “PENA DELLA GALEA”
venendo cioè “incatenati” come GALEOTTI - per un tempo bariabile di anni
(da uno sin alla reclusione a vita) - sulle GALEE DI CATENA DELLO STATO.
Nulla toglie che in casi estremi si potesse comminare il SUPPLIZIO ESTREMO - nella Repubblica di GENOVA caratterizzato soprattutto, ma non solo, dall’IMPICCAGIONE LENTA -: un po’ per superstizione e tradizione culturale e parecchio per convenienza poliziesca e qual macchina di dissuasione - in quei particolari ma non frequenti “momenti storici” caratterizzati da un incrudelimento della giustizia o da qualche sporadico ritorno pseudoreligioso di “CACCIA ALLE STREGHE” - gli INCENDIARI correvano pure il rischio tremendo di esser inquadrati nel panorama dei CRIMINALI DEL PARANORMALE quali PERPETRATORI DI MALEFICIO INCENDIARIO.
Vista inoltre la crescente importanza commerciale, alimentare e
sanitaria dell’AGRUMICOLTURA (dato che il clima favorevole agevolava la
coltivazione di cedri, aranci e limoni) negli anni le Ville si dotarono
anche di una normativa (o CAPITOLI) idonea a regolare sin nei minimi
particolari la cultura degli agrumi e l’attività mercantile loro
connessa che, via via, assunse per l’economia locale un ruolo
importantissimo.
In base all’ATTO DI FONDAZIONE le Ville avrebbero costituito una
Comunità, una sorta di “democratica confederazione”, la cui
amministrazione (il cui fine doveva risiedere in un’oculata ed equanime
distribuzione del gettito fiscale per le esigenze diverse delle diverse
località) risiedeva nell’autorità di un PARLAMENTO composto di membri di
provata onestà della Comunità stessa, con ampi poteri in materia
economico-fiscale locale. Il PARLAMENTO non aveva peraltro una sede
fissa ma si radunava, secondo un processo cronologico ben preciso di
rotazione, nelle sedi delle ville principali, di modo che per
consuetudini e carisma alla fine la villa sede dell’edificio del
PARLAMENTO non potesse - come Ventimiglia - influenzare o variamente
lusingare, corrompere od asservire i “parlamentari” meno decisi delle
altre località.
Le PROCEDURE DI DIVISIONE si protrassero sin al 1696 e continuaronono
nel XVIII sec. per proteste di Ventimiglia la cui situazione degradava a
vantaggio delle ville: comunque, alla fine, si tracciarono nuove linee
confinarie tra le amministrazioni, fissando pietre di limite a disegno
cruciforme (quelle che Ugo Foscolo durante un suo soggiorno
ventimigliese, lugubremente, interpretò essere delle tombe sparse sui
monti): una prova dei cippi di confine degli “Otto Luoghi” si vede sul
Monte Nero di Bordighera (le pietre portano da un lato la sigla 8L [Otto
Luoghi] e dall’altra la sigla S [Seborga] e SR [Sanremo].
Le procedure di divisione si protrassero
(soprattutto per la delineazione dei confini fra capoluogo e ville) sin
al 1696 e continuarono nel XVIII secolo, specie per le proteste avanzate
da Ventimiglia la cui situazione socio-economica andava degradando a
vantaggio di quella delle ville che invece presero a fiorire. In
particolare Bordighera, esente da obblighi fiscali connessi un tempo ai
doveri sul “pescato” e sulla “marineria” verso Ventimiglia, migliorò la
propria situazione socio-economica e risentì di incremento demografico.
Anche Camporosso risentì favorevolmente di questa nuova situazione, tuttavia i progressi di Bordighera (il cui porto traeva vantaggi dallo sfruttamento dei commerci oltre che dall’attività di pescatori e “coralatori”) si evidenziarono in maniera più evidente rispetto a quelli delle altre località (compresa la pur ricca Camporosso).
Le Ville meno fortunate, come Soldano e Sasso, presero a sospettare che Bordighera, mentre cresceva a dismisura, diventasse una novella Ventimiglia, una villa “matrigna” desiderosa di egemonizzare il Parlamento comunitario delle Ville.
Un momento di attrito tra gli otto borghi si verificò tra 1773 e 1787 quando si sparse la voce di “Incursioni dei Turchi” come si legge tuttora nell’Archivio Comunale di Bordighera, “Atti consulari 1759-1797. I Bordigotti ottennero da Genova che si sistemassero “Per la difesa dei bastimenti nazionali” due cannoni sul Capo della Ruota e due sul Capo S. Ampelio. I Vallecrosini in particolare (ma anche gli abitanti delle altre ville) avrebbero dovuto contribuire alle spese di mantenimento ma, non sentendosi protetti da quelle lontane batterie, si appellarono alla Repubblica per rifiutare un onere di spese che sarebbe andato, secondo loro, a vantaggio di Bordighera. Di fronte all’idea di una Bordighera assimilata al rango di “novella rapace Ventimiglia” si giunse a ventilare l’idea di una nuova separazione, che escludesse la “città delle palme” : molte furono le discussioni, le petizioni, gli scritti pubblicati o pronunciati nel Parlamento della Comunità. La situazione si fece incandescente ma i deputati delle Ville, che si apprestavano a darsi battaglia, furono arrestati sulla soglia di colossali trasformazioni che presto avrebbero trasformato la Francia e l’Europa tutta, quei fermenti rivoluzionari che avrebbero cancellato la Repubblica di Genova e le sue molteplici istituzioni, compreso il secolare “Capitanato di Ventimiglia”.
Anche Camporosso risentì favorevolmente di questa nuova situazione, tuttavia i progressi di Bordighera (il cui porto traeva vantaggi dallo sfruttamento dei commerci oltre che dall’attività di pescatori e “coralatori”) si evidenziarono in maniera più evidente rispetto a quelli delle altre località (compresa la pur ricca Camporosso).
Le Ville meno fortunate, come Soldano e Sasso, presero a sospettare che Bordighera, mentre cresceva a dismisura, diventasse una novella Ventimiglia, una villa “matrigna” desiderosa di egemonizzare il Parlamento comunitario delle Ville.
Un momento di attrito tra gli otto borghi si verificò tra 1773 e 1787 quando si sparse la voce di “Incursioni dei Turchi” come si legge tuttora nell’Archivio Comunale di Bordighera, “Atti consulari 1759-1797. I Bordigotti ottennero da Genova che si sistemassero “Per la difesa dei bastimenti nazionali” due cannoni sul Capo della Ruota e due sul Capo S. Ampelio. I Vallecrosini in particolare (ma anche gli abitanti delle altre ville) avrebbero dovuto contribuire alle spese di mantenimento ma, non sentendosi protetti da quelle lontane batterie, si appellarono alla Repubblica per rifiutare un onere di spese che sarebbe andato, secondo loro, a vantaggio di Bordighera. Di fronte all’idea di una Bordighera assimilata al rango di “novella rapace Ventimiglia” si giunse a ventilare l’idea di una nuova separazione, che escludesse la “città delle palme” : molte furono le discussioni, le petizioni, gli scritti pubblicati o pronunciati nel Parlamento della Comunità. La situazione si fece incandescente ma i deputati delle Ville, che si apprestavano a darsi battaglia, furono arrestati sulla soglia di colossali trasformazioni che presto avrebbero trasformato la Francia e l’Europa tutta, quei fermenti rivoluzionari che avrebbero cancellato la Repubblica di Genova e le sue molteplici istituzioni, compreso il secolare “Capitanato di Ventimiglia”.
Così l’esperimento della “Magnifica
Comunità degli Otto Luoghi”, durato come si vede poco più di un secolo
finì coll’istituzione della “Rivoluzionaria Repubblica Ligure del 1797” ,
restando tuttavia nella memoria di tutti come un piccolo, tormentato, ma
importante documento di antica democrazia rurale.